Metti un tutù sopra i jeans
TENDENZE Sovrapposizioni libere e usi rovesciati: è il cross-dressing, lo stile che sta riscrivendo le regole del vestire. Sfiorando il capolavoro. O l'assoluto disastrodi Maria Cristina Righi
Courtesy of Louis Vuitton; Comme des Garçon; Watanabe; Vivienne Westwood; Paramount; Archivio Future Concept Lab.
Lo chiffon con il tricot a punti larghi, il jeans con la mini, un top oversize con una micro T-shirt che lo stringe e sopra tutto un piccolo blazer. Poi losanghe, righe e quadri abbinati tra loro. Sovrapposizioni creative e accostamenti improbabili, tra pezzi etnici, vintage, capi classici e tecnologici. La moda delle ultime stagioni ci ha insegnato il cross-dressing, un incrocio di stili e di colori che ha come regola la libertà assoluta. La fine, cioè, del dresscode. Ovvero, non ci sono più regole. "Il fenomeno del cross-dressing ci arriva dall'Estremo Oriente", ha spiegato Paolo Ferrarini, ricercatore del Future Concept Lab. "Il riferimento culturale è proprio il corpo scenografico delle ragazze di Shibuya, che si vestono tutti i giorni come fosse carnevale. Le nuove generazioni orientali (coreane, giapponesi, anche cinesi, soprattutto di Hong Kong) sono eccezionali nel sovrapporre, comporre e ricomporre capi di abbigliamento personalizzati, sempre nuovi e diversi. Un melting-pot al limite del trash. Il bello di questo stile è che la soglia di personalizzazione si è alzata tantissimo". Un fenomeno che ormai è diventato di massa. "L'imprevedibilità è diventata di moda", ha detto Jörg Ehrlich, direttore creativo della maison René Lezard, in un'intervista al quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine. "La parola d'ordine è "individualità". Il mix&match di colori, materiali e stili è una tendenza che non è apparsa improvvisamente. Si è insinuata piano piano". Lo stile cross-dressing ha avuto come portavoce Patricia Field, responsabile del look delle quattro protagoniste della cult serie tv Sex and the City (oggi finalmente disponibile anche da noi in dvd). E così, se Sarah Jessica Parker si meritava le copertine delle riviste di moda di tutto il mondo per la sua (sobria) eleganza, nel ruolo di Carrie Bradshaw - protagonista del serial - si permetteva invece di girare per i locali branché di Manhattan con accostamenti improbabili di pezzi firmati e non. Il cross-dressing creato in esclusiva per Carrie, Samantha, Miranda e Charlotte, ha avuto subito un successo così clamoroso tra le trentenni newyorkesi da spingere Patricia Field ad aprire una boutique a Soho dove sono tuttora in vendita i diversi mix&match di Sex & the City. Con le collezioni della stagione in corso il cross-dressing ha raggiunto la sua massima santificazione e l'apice della sua parabola di successo. E l'inizio della sua fine. La libertà è sconfinata nella volgarità e nel cattivo gusto. Tanto che è già stata coniata una nuova definizione: fugly, cioè "fucking ugly" o addirittura "frightening ugly" ("brutto da far schifo" o "da far paura") con siti che raccolgono anche le foto delle star immortalate nella loro versione più fugly. "Sono stati proprio gli esempi mediatici a portare il cross-dressing verso il kitsch e la volgarità", commenta il sociologo Paolo Apice, fondatore dell'istituto di ricerca SET, Studi Etnografici sulle Tendenze. "Nella nostra società conta soprattutto l'apparenza. L'immagine alla quale tendere è quella del calciatore e della velina. Ma quando una tendenza si è diffusa a tutti i livelli è inevitabile che inizi il suo declino. La moda per la prossima stagione autunno-inverno ha già rilanciato con la proposta di donne castigatissime (Prada) e uomini ultrasobri (Gucci)". Interviene anche Anna Molinari, da sempre la mente creativa di Blumarine: "Le nuove collezioni saranno più pacate nei colori e nello stile. Questo credo dipenda da certe esagerazioni che stiamo vedendo ora. I colori e le stampe che creano gli stilisti spesso vengono male interpretati, accostando accessori sbagliati". Si va dunque verso un autunno sobrio, che forse lascia poco spazio alla creatività? "Non credo che il cross-dressing in sé sia arrivato alla fine", commenta lo stilista canadese Dean Caten che insieme al gemello Dan firma le collezioni DSquared2. "Sobrietà non significa automaticamente che si spenga il gusto per la creatività individuale. Donne e uomini hanno imparato a distinguersi dagli altri con accostamenti e mix di pezzi sempre più personalizzati. Certo il rischio di cadere nel cattivo gusto c'è sempre. Di fatto lo stile è innato, ma esercitandosi negli abbinamenti si può migliorare". Anche lo stilista Antonio Marras, da sempre innamorato del mix&match (nel 1995 ha addirittura fatto sfilare dei capi originali vintage), non crede nella fine definitiva del cross-dressing: "Adoro mischiare, incrociare, assemblare, sovrapporre per contrasto, per richiamo, per assonanza o antitesi. Trovo che il cross-dressing sia assolutamente il futuro. Tutto è stato fatto, tutto è stato detto prima, la novità sta nel personalizzare con l'assemblaggio. È vero che la moda di quest'inverno sarà più pulita, ma si tratta solo di un percorso naturale. Dopo una stagione di turbinìo, va da sé una stagione di rigore. Ma si tratta di trend, non di stile. Io sono per la fantasia al potere, purché esercitata con equilibrio e bilanciamenti di dettagli, giusto per non cadere nel too much". Conclude, infine, Gianfranco Ferré: "La moda è intelligenza in progress, sperimentazione. E dunque è anche rilettura sistematica del concetto di sobrietà. È la sua interpretazione, la sua declinazione in forme e modi inediti, con concessioni all'originalità e, perché no, all'eccentricità. E l'esempio più immediato di questa mia attitudine è forse proprio quello della mia camicia bianca, diventata un classico, un emblema di sobrietà, perché costantemente presente nelle mie collezioni, anche se mai uguale a se stessa: giocata di volta in volta tra tagli rigorosamente maschili e materiali iperfemminili, tra proporzioni rinnovate e forme radicalmente reimpostate".
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